3 - Meditazione Cristiana e relazione interpersonale
di Enrico Loria
Cari amici,
penso sia bello dire con chiarezza che meditare trasforma lentamente nel tempo il proprio modo di percepire la relazione con l'altro. Dovrebbe essere così per qualsiasi pratica spirituale protratta nel tempo. In realtà questo cambiamento avviene "se" e "quando" esso trova posto nella nostra vita: è il dono che avviene per grazia e non per nostra capacità di conquistarlo.
Meditare conduce al di là del bisogno di controllo nella relazione.
E’ più forte di noi, per difenderci abbiamo bisogno di tenere sotto controllo l’altro nella relazione. Se non fosse così chissà quali rischi per noi. Anche i gruppi si organizzano sulla base del tentativo di controllare le persone. Se è vero che ciò è opportuno in molte situazioni di vita, nel gruppo di meditazione (o di crescita spirituale in genere) dovrebbe essere diverso.
Come fare?
Portare avanti il proprio punto di vista nel rispetto dell’altro presuppone molta maturità dal punto di vista psicologico, oltre che spirituale. Penso che una dimensione di "santità" si possa esprimere più con la sensibilità che con la rigorosità. La sensibilità ci porta però alla dimensione della croce, e della successiva resurrezione, mentre la rigorosità ci esenta dal metterci eccessivamente in gioco personalmente, ma ci lascia in un perenne limbo di insoddisfazione. E’ una difesa.
Possiamo giudicare?
No, in nessun caso, nonostante la eventualità della nostra consapevolezza del limite dell’altro. Non serve, anche se è umano nella sofferenza lamentare i propri diritti persi. Il cammino di maturazione nella relazione interpersonale presuppone andare a fondo in se stessi per rivelare la nostra essenza. Rivelare significa rendere noto sia il nostro dolore nella relazione, sia la nostra gioia nella speranza della prospettiva del regno. Di solito il punto cruciale è la rivelazione della propria miseria. E’ quello che manca in tutte le relazioni difficili. E ‘ ciò che più ci spaventa rispetto alla perdita di controllo nella relazione con l’altro. Farlo significa avere già capito che il nostro cammino verso il regno è già avviato sulla base dell’amore che Dio ha per noi in modo incondizionato. Siamo già usciti dall’idea di conquistare la salvezza così come si conquista il posto numerato al teatro quando abbiamo il regolare biglietto in mano. In quel caso andiamo sicuri di avere quel posto per il nostro "status quo" di possessori del regolare biglietto.
Perché dovremmo lasciarci andare così tanto?
Di solito non lo si fa così spontaneamente, ma il nostro lasciarci andare avviene come conseguenza e frutto della pratica spirituale prolungata nel tempo.
A volte avviene invece in conseguenza di eventi stressanti o tramatici (come conflitti relazionali, perdite, separazioni, sconfitte etc.) che ci costringono ad abbandonare il sentimento di onnipotenza che ci aveva stimolati a contenere gli altri piuttosto che a farsi contenere. Se il livello di maturazione è stato sufficiente, in quel momento si ha una ulteriore liberazione dal nostro ego, viceversa ci si aggrappa ancora di più ad esso. Ci sarà una nuova occasione futura di stress a guidarci, sperando questa volta di avere maggiori e più efficaci elementi a disposizione per compiere il passo di crescita.
In sintesi, il camino di crescita a cui siamo chiamati nella nostra vita terrena rispetto alle relazioni interpersonali, che ci porta ad andare al di là del nostro bisogno di controllo nella relazione, ha da compiersi sia per chi medita sia per chi non medita. La meditazione quindi costituisce uno dei modo possibili per favorire che questo cammino prenda posto nella nostra vita.