6 - Meditazione Cristiana e solitudine
di Enrico Loria
Cari amici,
alcune scelte che le persone fanno sono finalizzate a coprire il senso di solitudine che terribile incombe nelle nostre vite in tutti i momenti. Da bambini non possiamo sopravvivere da soli, senza accadimento, ed infatti il bambino cerca di ripristinare subito, con il pianto, la vicinanza con le figure di attaccamento. Del resto per lui la famiglia è il mondo. Durante l’adolescenza le cose cambiano, il senso di solitudine può diventare molto profondo perché ci accorgiamo per la prima volta che le figure genitoriali non possono dare sempre tutte le soluzioni ai problemi che incontriamo nell’entrare nel mondo degli adulti.
Ma cos’è la solitudine?
Non è semplicemente essere soli fisicamente. E’ qualcosa di più complesso e più profondo. Essere isolati fisicamente di per sé non è un problema. Anzi, è ciò che cerchiamo quando meditiamo. Sentirsi soli deriva dalla mancanza di attaccamento.
La pratica della meditazione ci conduce verso un avvicinamento alla nostra parte spirituale. L’Io si integra pian piano in una esperienza profonda di pace. Il conforto che ne deriva consente di affrontare i momenti di isolamento emotivo dalle persone, che avviene in occasione ed in conseguenza del nostro personale unico modo di essere.
Com’è che avvertiamo la solitudine?
Se potessimo scegliere vorremmo trovare il modo di sentirci in sintonia con gli altri in modo definitivo. Ogni volta che ci sentiamo in sintonia pensiamo che possa essere per sempre. Ma a quali nuovi cammini mi sento chiamato?
Se iniziamo esperienze nuove, la possibilità di incontrare resistenze nell’ambiente nuovo al mio personale modo di essere si ripresenta. Il bisogno di essere accettato ed il bisogno di differenziarmi dagli altri si contendono le parti. Non posso sperare di trovare la realtà definitiva del paradiso, dove il mio profondo desiderio corrisponde a ciò che veramente è importante per gli altri. Non sarebbe una realtà terrena di esseri incarnati.
Perché la meditazione?
Con la meditazione mi alleno a trovare dentro me la fonte della consapevolezza e della vicinanza al "tutto". Mi preparo ad attraversare le eventuali fasi di solitudine, intesa come mancanza di complicità ed alleanza emotiva col gruppo. Sono io che come Gesù nell’orto degli ulivi procedo per donare amore senza il conforto dei fratelli. La solitudine si sente. Ma la posso gestire in virtù della capacità acquisita di sentire nel mio centro interiore la Sua presenza. Il mio nuovo modo di essere, gradualmente acquisito con la pratica della meditazione, mi porta a resistere nel momento della prova. Sono andato al di là della sensazione di solitudine interiore.
La consapevolezza spirituale.
Possiamo chiamare così la nuova realtà interiore del vero Sé: la costanza della sua presenza è ciò che ci fa sentire a casa. E’ da questa costanza della presenza che origina la crescita interiore. Per arrivarci bisogna però lavorare su se stessi, attraversare la "coscienza profonda umana" della realtà della solitudine, finché non posiamo attingere direttamente alla "consapevolezza profonda spirituale" dentro me. Quando riusciamo a vedere al di là della nostra sofferenza interiore, "il bambino smette di piangere" perché conta sulla presenza di un adulto solido e capace (io stesso) che non lo abbandona nelle difficoltà della vita, di un adulto che conosce la strada per tornare a casa. La solitudine diventa solo una nuova occasione per ritrovarsi, per capire, per conoscere, e non una sofferenza da temere o evitare. Solitudine e pace si sostituiscono a solitudine e angoscia. Veniamo assistiti dai silenziosi prodigi dello Spirito che segretamente ci fa avvertire la sua presenza con apparentemente casuali segni di incoraggiamento. E’ una esperienza che si può vivere e capire, ma che non può essere spiegata.
Buon cammino di crescita spirituale a tutti, ed arrivederci al di là della solitudine interiore.