Non avere paura per uscire dalla schiavitù.
Cari amici,
siamo giunti ad un punto importante della storia della nostra piccola comunità di meditazione di Cagliari. Soprattutto nell’ultimo anno abbiamo messo delle radici profonde nella nostra pratica comunitaria oltre che individuale della meditazione, e questo ha permesso che più persone potessero essere punti di riferimento stabile per gli altri componenti dei gruppi. Non mi sembra vero che dalla domenica 4 ottobre del 1998, giorno conclusivo del mio primo ritiro con padre Laurence, siamo arrivati ora a questo punto. In questi sei anni molte persone si sono avvicendate nei gruppi. Alcune ora ne costituiscono le fondamenta.
John Main ha raccomandato due periodi di meditazione al giorno di trenta minuti, ma cosa dire delle altre 23 ore? Ciascuno di noi s’inserisce nella vita attiva nel suo modo con i suoi personali talenti, ed attinge dalla meditazione quel profondo contatto con lo spirito che lo guida verso il regno del padre. Siamo chiamati mentre manteniamo fedeltà alla tradizione a ritrovare l’unità nella comune umanità con persone di tradizione diversa. Questa è la cosa più difficile. Non possiamo contare su una pratica spirituale uguale per tutti: è possibile che qualcuno viva però l’illusione che ciò accada.
Ora, per rimanere alla nostra situazione, alcuni di noi hanno cercato di contribuire a modo loro a dare la personale impronta al gruppo. Per fare solo degli esempi, Giuseppe si è proposto come garante della ortodossia del metodo e si è da tempo reso disponibile per la gestione della posta elettronica, Marzia si è interessata delle possibili occasioni di dialogo interreligioso, Graziella ha messo a disposizione la sua casa per un momento più intimo di meditazione in un nucleo più affiatato, Stefano ha collaborato in alcuni aspetti pratici della attività come quelli dell’informatica, ed ancora Cristina, Giuseppina, Gianmanlio, Loris, ed altri che non nomino sperando che non se ne abbiano a male, nel loro modo hanno contribuito alla nascita e al mantenimento della attività ed alla conseguente crescita spirituale di tutti. Io personalmente, oltre a favorire la nascita di questi tipo di comunità rendendo disponibile la sede del centro poiesis, ed andando in altri luoghi dove presentare la meditazione, ho cercato (riuscendoci) di fare frutto anche nel campo dove il signore mi ha messo nella pratica della mia vita quotidiana.
In uno dei miei primi ritiri di meditazione, durante il pranzo seduto a fianco a Padre Laurence, avendo lui saputo che sono psicoterapeuta mi disse: "Enrico, hai mai pensato di proporre la meditazione ai tuoi pazienti?" "Non so come si fa" risposi. "C’e un terapeuta americano che lo fa, lo propone quando incontra i suoi clienti, e fa spendere un po’ meno, per dare un segno." Replicò. Se qualcuno dubitasse che ciò sia mai accaduto non ha che da chiederlo personalmente a lui.
Da allora non ho mai smesso di farlo. Molte persone oramai sono a conoscenza di questo fatto, che ha portato a frutti insperati nella intenzione di aiutare le persone a ritrovare se stesse. Ogni tanto ripeto per incoraggiare che "la psicoterapia inizia e finisce, la meditazione inizia". Molte persone sono state "traghettate" dal disagio emotivo che li ha condotti verso la ricerca di aiuto psicoterapico alla pratica della meditazione. Molte di loro non hanno mai più cercato la psicoterapia! Non ne sentono il bisogno, mentre non finisce il loro bisogno di ricerca di sé. Sono tutte persone che sarebbero ancora nel cammino, a volte sterile, della eccessiva ricerca di chissà quale "meccanismo" della loro mente.
Ciò però mi ha causato molti fastidi: nel mondo dei colleghi psicoterapeuti qualche critica a suggerire una pratica spirituale nell’ambito della psicoterapia, nel mondo della meditazione qualche critica per lo stesso motivo. Io ho fatto la mia scelta. Continuerò finchè Dio mi darà vita a proseguire in questa strada fruttuosa. Chiedo di farlo in collaborazione con tutti coloro che si sentono di sostenemi in questa scelta all’interno della comunità anche se qualcuno comincia a paventare la minaccia che potrei essere escluso dalla comunità. La mia scelta è di fare parte dalla della comunità, e non voglio avere paura, perché la paura è lo strumento con cui le forze del male cercano di interrompere i progetti di Dio.
Con affetto, Enrico.