Ho dimenticato il sapore del pane.
Di Giuseppe Sulis
Questa sera mi trovo solo a meditare nel cortile di una chiesa campestre. Sento attorno a me soltanto i suoni della natura, un vento leggero mi fa compagnia. Leggo con attenzione alcuni passi della Bibbia e poi mi dispongo a meditare in silenzio. Oramai sono trascorsi circa tre mesi da quando ho iniziato a praticare la meditazione.
Oggi ho sentito la necessità di interrogare il mio cuore, per capire quali cambiamenti stanno avvenendo nella mia vita. Sento dentro me un profondo senso di povertà; mi accorgo solo ora di aver costruito per anni la vita sulla base dei giudizi altrui. Ho sempre cercato di apparire grande agli occhi della gente anche quando non avevo le forze e le capacità; il mio unico strumento di misura per la crescita interiore è stata la società. Nel periodo dell’adolescenza appartenevo al gruppo dei giovani in parrocchia, allora, mi capitava spesso di sentire la presenza del Signore in mezzo ai miei amici, soprattutto nei momenti in cui si stava in comunione cantando e lodando il Signore. Man mano crescevo incontravo nella società i giudizi della gente e sentivo la necessità di cambiare per dover apparire bello agli occhi del mondo; pian piano perdevo il contatto con il Signore e sentivo nascere dentro me la sofferenza. Era nato in me un profondo senso di egoismo, si stava radicando una forte dipendenza nei confronti delle persone e delle cose, tale da portarmi ad una vera sofferenza chiusa nel silenzio.
Mercoledì scorso col gruppo di
meditazione abbiamo riflettuto sul brano di Matteo (15, 21-28) dove parla
dell’incontro fra Gesù e la Cananèa:
<<Partito
di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna
Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: “Pietà di me,
Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un
demonio”. Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i
discepoli gli si accostarono implorando: “Esaudiscila, vedi come ci grida
dietro”. Ma egli rispose: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute
della casa di Israele”. Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo:
“Signore, aiutami! ”. Ed egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei
figli per gettarlo ai cagnolini”. “È vero, Signore, disse la donna, ma
anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro
padroni”.
Allora
Gesù le replicò: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come
desideri”. E da quell’istante sua figlia fu guarita.>>
Oggi ho sentito anch’io come la Cananèa il bisogno di gridare ad alta voce:
“Pietà
di me, Signore!”.
Ho bisogno di risentire il vero gusto del pane, come lo gustava la Cananèa anche attraverso le briciole.
Ho cercato troppe volte nella religione cose troppo esaudenti e troppo semplici da raggiungere, tali da provocare delle emozioni e dei piaceri troppo immediati, senza dover perseverare per raggiungere e gustare in modo profondo l’Amore del Signore.
La società odierna ci presenta oggi tante cose superficiali, ci porta a dover provare tutto: dai rapporti umani alle cose materiali; questo modo di vivere ci avvia alla perdita di noi stessi.
Non è facile per me percorre la strada del Silenzio e della Povertà per raggiungere lo Spirito di Dio, mi porto dentro ancora tante paure del passato, non è semplice dover abbandonare i pensieri e lasciarsi cullare nelle braccia del Signore; ci sono dei momenti in cui mi viene per un attimo la tentazione di non percorrere più questa strada; ma subito dopo sento nascere dentro me la SPERANZA, essa mi da la forza di rialzarmi nei momenti in cui cado.
Vorrei che anche tu, che leggi questa mia testimonianza, possa metterti in cammino come me per percorrere la strada che porta all’Amore; non posso rassicurarti che la strada è semplice, perché ho percorso appena l’inizio; ma posso dirti che io non vedo altro che questo cammino.
prego affinché tutti gli uomini del mondo un giorno possano dire:
“Sono stato crocifisso con
Cristo è non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me. Questa vita nella
carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se
stesso per me” (Gal 2,20).
Ringrazio tutti coloro che anche attraverso la loro sofferenza mi fanno incontrare il Signore.